Migliorare la resilienza delle comunità contro i disastri nel Mediterraneo

Cosa possono fare le comunità per se stesse e come possono preservare le funzioni di base e le strutture durante una catastrofe e poi recuperare nella fase che la segue? Queste domande sono al centro del seminario “La Resilienza delle comunità durante e dopo una catastrofe
organizzato a Madrid dal 12 al 15 settembre 2011 dal PPRD South, programma finanziato dall’Unione europea.






 






 





Più di quaranta esperti che lavorano nelle Autorità della Protezione Civile, nelle Organizzazioni Internazionali e nelle Organizzazioni non Governative nei tredici Paesi Partner del Mediterraneo e dei Balcani, si riuniranno in Spagna per questo seminario di quattro giorni che sarà aperto da Victoria Sanchez, Direttore Generale della Protezione Civile spagnola nonché da Francisco Fonseca Morillo, Capo della Rappresentanza della Commissione europea in Spagna.L’obiettivo dell’iniziativa è introdurre e approfondire un nuovo approccio per far fronte al rischio di catastrofi sulla base del concetto di resilienza delle comunità. In termini generali, resilienza significa essere in grado di assorbire lo stress e le pressioni o le forze distruttive attraverso la resistenza o l’adattamento. Per esempio, il canale Al Jazeera ha definito “resilienti convinti” i manifestanti egiziani pro-democrazia che hanno di recente continuato a sfidare il coprifuoco radunandosi in Piazza Tharir e aiutandosi a vicenda con cibo, protezione e assistenza medica. Per quanto riguarda gli eventi catastrofici, la resilienza delle comunità è la capacità di un gruppo di persone che vivono nella stessa area e condividono gli stessi rischi di resistere, assorbire e riprendersi dagli effetti di un pericolo in modo tempestivo ed efficiente. Prendendo un secondo esempio, le città giapponesi e californiane sono considerate molto più resilienti ai terremoti rispetto alle città italiane e haitiane in quanto hanno registrato pochi danni e vittime dopo dei sismi molto forti anche grazie ad una legislazione sulle costruzioni efficace contro i rischi, piani di gestione delle emergenze efficienti e a delle resistenti infrastrutture di base. Durante i quattro giorni del seminario PPRD South i partecipanti passeranno in rassegna e analizzeranno i differenti aspetti della resilienza che possono migliorare la capacità di risposta e di recupero  della comunità dopo le catastrofi, per lo più per mezzo di risorse proprie. Ma come può una comunità diventare resiliente? Gli aspetti fondamentali da tenere in considerazione sono: stabilire dei meccanismi per la partecipazione della comunità ai processi decisionali; effettuare una valutazione dei rischi della comunità per fornire un quadro completo di tutti i maggiori pericoli e rischi che la comunità affronta e preparare dei piani d’emergenza contro le catastrofi in armonia con la comunità; aiutare la popolazione a comprendere meglio i rischi attraverso l’educazione, la loro sensibilizzazione e la condivisione delle informazioni; instaurare delle coerenti politiche di gestione del rischio e di riduzione della vulnerabilità che prevedano, per esempio, la gestione dell’ambiente e quella del territorio, la salute, la protezione sociale e dei mezzi di sussistenza sostenibili. Infine, e non per ordine di importanza, la creazione di reti di volontari della protezione civile - su richiesta della Commissione europea a celebrazione del 2011 “Anno del Volontariato europeo” - in grado di contribuire alle fasi di preparazione e attuazione dei piani di emergenza. Secondo uno studio della società di assicurazione Swiss Re, durante il 2010, le perdite economiche globali dovute alle catastrofi naturali e a quelle provocate dall’uomo hanno superato i 170 miliardi di euro, più del triplo dei 50 miliardi di euro persi nel 2009. Più di 304.000 persone hanno perso la vita nelle catastrofi nel 2010 che diventa quindi l’anno più funesto dal 1976. Alcune delle peggiori catastrofi si sono verificate nei Paesi in via di sviluppo, come per esempio il terremoto del gennaio 2010 di Haiti che ha provocato circa 222.570 morti. In questo caso, resilienza e questioni relative allo sviluppo sostenibile non sono state prese adeguatamente in considerazione. 

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